mercoledì 22 aprile 2009

Breakfast to Hell

Si parlava di nuore, di colleghi colocatari e della propensione borghese della nostra amica Ade.
Per prendere ben tre piccioni con una fava, vi racconto, senza pretesa di completezza, un paio di simpatiche cene/pranzi/merende che si sono svolte nella mia prestigiosa magione.
In realtà per adesso solo una, via, basterà...

Prima di cominciare però, due chiarimenti: il collega indiano vive qua da circa 15 anni (più più che meno), quindi conosce bene la nostra amica, inoltre è sveglio e anche piuttosto simpatico. Quando avevo scoperto che abitava nel seminterrato -tipo al secondo giorno- ero rimasto sorpreso: ora però mi dico che è un genio.
La porta per la cantina, in effetti è a nemmeno due metri rispetto alla porta di ingresso, il che permette sortite-entrate da ninja. Il lungo addestramento l'ha infatti reso un maestro dell'evasione, un signore del passo felpato, un virtuoso della sgusciata.

La nuora invece è arrivata da un 10 giorni, viene dall'india del sud -l'altro da nord, come dire la differenza tra un tedesco e un portoghese- vive in Canada, canta musica tradizionale, ha una casa a ovest di parigi e poi boh... boh perché la tipa è un po' strana, vedrete poi...

Allora, ieri scendo verso le una di pomeriggio pronto per andare a fare la spesa, e becco la nuora con un giovin signore a chiaccherare in giardino. Me lo presenta, è un simpatico ex colocatario della signora. Scambiamo due parole, poi me ne vado con la scusa della spesa.
Torno, la cucina in fermento, il tipo si ferma a pranzo anche se ha già mangiato, ci mettiamo in sala da pranzo, io preparo un po' di pasta -che mangerò da solo, perché gli altri la snobbano- e comincia uno dei riti più tipici del pasto francese: la conversazione.

Embé, direte voi, pure da noi si chiacchera.
Estopardipalle, risponderò io: da noi si chiacchera, qui invece si conversa.

Viene fuori che il tipo, sui 35 anni, frequenta una scuola per prepararsi all'università, studia Tamul (lingua indiana) e sta per attaccare con il cinese. Si lamenta di quanto sia difficile, di come lavori sodo e patapim e patapum.
Il nostro amico, vegetariano-quasi-vegano come d'altronde la nuora -che però non si è risparmiata a fregarmi il parmigiano e il mio delizioso camambert d'ivry, mi sembrava di essere tornato dal Vale, se non perché lei hai poi confessato il delitto- insomma vegetariano-quasi-vegano perché il formaggio ogni tanto lo mangia, ma solo quando il suo corpo gli da il permesso, mi dice di essere, appunto vegetariano.
Io rispondo, no, io no, più che altro perché odio gli animali.
Segue risata, e mi fa, sagace, d'altronde se ti piace mangiare dei cadaveri...
Io, aspettandomi già una risposta del genere rispondo, ben attento a sfoderare un sorriso con tanto di canini in mostra, ma su, dai, capisco che odio gli animali, ma non al punto di mangiarli vivi, mi sembra un'inutile crudeltà. E poi, sai, sono di fatto necrofilo anche in ben altre situazioni.
Risegue risata, tranne da parte della nuora.

La conversazione si dirige poi implacabile sulle lingue asiatiche, interessantissimo, finché, non salta fuori che il tamul assomiglia come grammatica al giapponese.
Strano dico io...
Non finisco, perché la nuora, fino ad allora tranquilla, rizza I peli e dice disgustata: io odio I giapponesi. Quelli non sono un popolo, una civiltà. Non riesco a sopportarli, sono degli assassini, quei poveri cetacei, li massacrano solo per il gusto di, e anche I delfini, 'sti malefici...
I nostri sforzi di alleggerire la cosa (miei e del tipo, cose anche carine tipo “eh, sai quanto sushi si fa da una balena” o “vabbé, se avessi visto I film del delfino Flipper, la cosa non ti sembrerebbe poi tanto crudele”) non sortiscono alcun effetto, e la donna, in preda al sacro furore, continua.

Bon, poi per cambiare il discorso, si passa alla “melodia” di ogni lingua, che la nuora sostiene di sentire ma non così tanto, finché il tipo se ne esce con: ma voi cosa pensate del rapporto fra le emozioni e la musica? E perché alcune cose sono considerate capolavori, tipo Mozart, e invece tanta musica d'oggi ci ha le dissonanze e fa cagare?

Alé, io lo maledico mentalmente, e aspetto che la spada di Damocle mi arrivi sulla capa. Cosa che puntualmente accade, me la cavo alla spiccia con le solite cose trite, tipo “alla fine basta solo ascoltare”, al quale la Ade mi ribatte “eh, ma le orecchie sono tutte uguali”, e io taglio con un “anche le bocche, signora, ma mica ci sono 6 miliardi di persone che parlano la stessa lingua. ecc. Ecc.

Nel frattempo una porta si apre e come un soffio di vento passa il collega indiano. Il tipo, conoscendolo, salta dalla sedia e lo placca in corridoio, con il collega che fa di tutto per liberarsi -no, dai devo uscire. E esce, fra la delusione del quasi-vegano.

Conclude il simpatico pranzo, giusto prima del dessert, un “ma come si fa a dire che oggi c'è una cultura se tutti si vogliono male e non hanno rispetto per l'ambiente? Non è mica cultura questa” a cui risponde un “vabbé ma volevate vivere nelle caverne, è la tecnologia che fa andare avanti il mondo, la voglia di superare I limiti” alché io mi alzo, tiro uno squassante peto (avrei voluto, davvero), saluto e scappo in camera con una scusa qualsiasi.

Cosa meravigliosa a credersi, il collega è in cucina che mangia un panino di nascosto, sarà tipo entrato dalla finestra... solo che per colpa mia si fa beccare, la Ade subito l'invita al dessert, un po' incazzata perché non è venuto a conversare con noi, il bastardo, alché lui nicchia, poi arriva il tipo a darle man forte, lui rinicchia, poi tira una polvere magica e si dilegua, lasciando un ceppo di legno con I suoi vestiti addosso.
Un mito.

Il pranzo è durato circa un'ora e mezza. Abbondante. Calcolate che io inizio a saltellare sulla sedia, insofferente, dopo 30 minuti -controllate lo stato delle sedie di casa, se non ci credete.
E ancor peggio, il riassunto della nostra conversazione non ha tenuto conto di cose di altissimo livello, come I prof del tipo, l'influenza del latte sullo sviluppo articolare, quel miracolo della linea 14 che è interamente automatizzata.

Incredibile come qui si discuta voracemente di qualsiasi cazzata, ma con una serietà e un entusiasmo degni di un cartello di premi nobel. No, dico, ho sentito conversazioni argutissime sulle tubature, o sull'aria della metro o sul fatto che alla fine il judo lo hanno inventato I giapponesi, ma alla fine in francia è più evoluto (questo argomento, bellissimo, meriterebbe un post a parte). Nulla di male, solo che io mentre mangio vorrei solo mangiare, sparare un paio di cazzate per la compagnia, e poi levarmi dai piedi a fare I cazzacci miei. Nulla di personale, naturalmente.

Quindi, prendete nota per quando torno, se mangiamo insieme mi basterà sapere come state, se trombate molto o poco, con chi e come. Anche se avete fatto balle incredibili. Al limite ditemi anche chi è morto, o parlatemi della sciatica della signora del quinto piano, non me ne frega niente. Ma per favore, nulla che contenga alcunché di più elevato del concetto di “polenta e scopeton”. Grazie

lunedì 20 aprile 2009

Mnemosyne, o di farmacisti e di soffritti

Ancorché sia una simpatica e cara vecchina, la nostra cara amica Ade soffre di un paio di cosucce che potrebbero minare la sua, diciamo, adamantina reputazione: più o meno come il protagonista di Memento, soffre di amnesie improvvise e continue; e inoltre, più o meno come il protagonista di Cuore di de Amicis, per l'appunto il piccolo Cuore, è una signora-borghese-vecchio-regime.
Per carità, il salto rispetto al Vale è stato notevole, ma pure un salto dalla finestra lo sarebbe stato, via...

Ma andiamo per ordine, con alcuni ghiotti esempi delle situazioni con le quali il vostro si è trovato alle prese; per adesso limitandoci alla parte Memento:

Marzo, metà circa.

So che sembra impossibile, ma anch'io sudo e sporco i vestiti. Quindi ogni tanto li lavo.
Trovando che fosse giunto il momento sacro della lavatrice, scendo le scale con il mio bel borsone in mano.
Incrocio la Ade che esce dalla cucina, mi guarda, sorride e mi saluta. Notate che ci eravamo visti un 4-5 ore prima. Io sorrido e le dico gioviale “eh, son sempre dietro a fare il bravo casalingo”. Lei, “ah, ma lei abita qui”.
Superata la leggera sorpresa, trattenuta la risata isterica, le rispondo: ma sì signora, da due mesi e mezzo circa...
Quindi, già rassegnato, metto giù il mio bel borsone e inizio a spiegarle quello che dovrebbe già sapere, giusto per evitare che lei chiami i pulotti e mi ingabbino.

Aprile, domenica 5

Siccome volevo stare calmo a scrivere il mio malefico pezzo, decido di non andare a judo e di stare buono a casa, a fare il bravo bambin-compositore per la gioia del Gerva.
Mi alzo (tardino comunque), scendo, non faccio tempo a pucciare il biscotto che suona il campanello. È il medico, chiamato dalla Ade che sta poco bene.

Si verrà a sapere poi, la Ade aveva già chiamato altri 2 medici durante la settimana, giustamente quando non c'ero io; i bravi dottori le avevano diagnosticato entrambi una leggera bronchite -e dato due cure diverse, vabbé, dai, mica è una scienza esatta...
Questo terzo, giustamente all'oscuro e evidentemente con una spiccata personalità, ne prescrive una terza, differente.

La Ade mica si ricorda di un cazzo, naturalmente. Quindi, dopo aver parlato io con il medico che mi spiega cosa fare e non fare, la buona nonnina mi chiama e mi dice “eh, no mi risponde al telefono nessuno, come faccio con le medicine, vabbé le prenderò domani, oggi è domenica vero?”. E io che son mona, rispondo “ma no, non si preoccupi, vado a prendergliele io”. Lei nicchia poi accetta.

Cerca su internet la farmacia di guardia, nemmeno troppo distante, prendi la ricetta e incamminati. Ormai sono le due e mezza, ho duecento euro datimi da lei in saccoccia (si sa mai che non siano care, le mie proteste non servono) e la farmacia riapre dopo la pausa pranzo. Mi accoglie un farmacista brizzolato, elegante in un modo assurdo, io mi guardo intorno, magari sono entrato dal gioielliere o dall'intagliatore di ossa di bambino e invece no, farmacia; non mi spiego perché invece di un tipo in camice ci sia un distintissimo signore in giacca e papillon, con il suo giovane assistente in completo blu, gemelli e cravatta regimental.
Poco male, gli do la ricetta, lui la scruta come un archeologo davanti alla tomba di un re egiziano. Quindi mi cerca le medicine e alla fine, con aria condiscendente, mi fa:
-ha la carta vitale della signora?
-non so neanche cosa sia, temo di no, dico ironicamente io, trattenendo una bestemmiuccia per il presagio di quello che mi aspetta.
-tanto peggio, costeranno più care.
-com'è fatta una carta vitale, chiedo io, mentre il sorriso che mi sforzo di tenere diventa un ghigno malefico...
-mah, come un bancomat più o meno, verde, col chip e così e cosà.
-benissimo, allora mi metta da parte le cose, cortesemente, e vado a cercare la carta vitale.

Una volta in strada, le bestemmie trovano finalmente la loro via di uscita; mi immagino con un lanciafiamme a incendiare la farmacia del tipo, ridendo di gusto e infilandogli nel culo il suo papillon ridicolo, per poi somministrargli gocce 10 di Guttalax per via orale, 5 volte al secondo, prima dopo e durante i pasti, fino a farlo esplodere. Poi penso che sia più giusto continuare a prendermela con il buon dio e giusto mentre sto per iniziare con i Troni e le Dominazioni giungo a casa.

Bon, facendola breve, figuriamoci se la Ade ha un'idea di:
a) cosa sia una carta vitale
b) dove si trovi una cosa che si chiama carta vitale

Cerca che ti ricerca, sporcona che ti sporcona, finalmente arriva il mio collega indiano, che sa dov'è la carta; in realtà nel posto più ovvio del mondo, i sacchetti delle medicine.

Torno in farmacia, il tipo con il papillon è ancora lì, diventa gentile, mi dà le medicine e mi spiega che altrimenti avrei dovuto pagare 50 euro in più. Io un po' mi sento in colpa di aver pensato di farlo esplodere con la sua merda. Pago i 4 euro e 80 (!!!) e torno a casa.

Una volta rientrato, il collega indiano mi spiega la storia degli altri due medici e delle altre due ricette che giacevano in soggiorno,candide e intonse, e io risporcono, perché questo gioviale balletto medicale mi ha fatto perdere un cinque sei ore circa...

L'ultimissima, velocemente,

Sabato 11 Aprile


Sapendo che vengono i miei, la Ade è tutta in fermento: li vuole conoscere e mi lascia pure le lettere in camera per dirmi che li vuole incontrare a cena (chiamandomi per altro Mon cher Guillaume...). Io ne sono commosso, quindi decidiamo per venerdì, senonché venerdì mattina lei se ne è dimenticata, sta male, non vuole vedere nessuno quindi spostiamo al giorno dopo.

Il fatidico Sabato, io sono fuori la mattina con i miei, e d'accordo con il collega indiano di tornare il pomeriggio per organizzare la cena. Torno, in cucina c'è un mega carretto carico di roba da mangiare, salgo, parlo con la signora, la riassicuro che non c'è problema, la cena la preparo io (cosa sulla quale avevamo già parlato per circa una settimana); lei mi fa, grazie al cielo, sono stanca, sono stata a fare la spesa, non sono abituata ecc. ecc. E io, non si preoccupi, si riposi e ci penso io. Intanto penso di fare una pennica pure io.

Due ore dopo mi alzo, mi faccio la doccia -lei tenta di entrare ma io la blocco con un poderoso urlo da collegiale spaurita, mi asciugo, scendo in cucina. Sono le sei passate, i miei arrivano alle sette e mezza. Inizio a fare un soffritto, sto sbucciando le cipolle, quando arriva la Ade.
-Buongiorno
-Buongiorno!
-Le do fastidio se mi siedo qui
-Ma si figuri, anzi.

Segue qualche secondo di silenzio, perché io sto attento alle mie cipolle

-Ah, ma lei abita qui?

Segue qualche secondo di silenzio.
No, non adesso, cazzo...

-Sì signora, da tre mesi ormai...

Metto giù il coltello, perché non pensi che voglia tagliarle la gola, e via a spiegarle di nuovo chi sono, da dove vengo e dove andrò. A fare in culo, probabilmente...

Ricapitolazioni
















Spero che nessuno di voi mi abbia dato per disperso; soprattutto spero che non vi siate già messi in contatto con la farnesina, mi dispiacerebbe dare un dispiacere alla signora del centralino, che chiamo spesso quando mi sento solo.

In ogni caso, in questi due mesi di assenza sono successe cose miracolose e di degna ricordanza, ma di fatto il tempo è passato in un modo piuttosto strano, non so se troppo veloce o troppo piatto o troppo e basta. I bilanci sull'erosione mentale che può provocare la villa lumiera li lascerò per l'ultimo post prima del rimpatrio.

Notizia fresca, mi sono tagliato i capelli: bellissimo, ho trovato un barbiere arabo che me li ha fatti per otto euro, contro i sedici (minimo minimo) di un parrucchiere franco-metropolitano. Fuochi d'artificio al primo scambio di battute:
-Come li vuole i capelli, signore?
-Come lei, grazie.

Tanto per fare un riassunto, più per me che per voi eccovi il sommario delle incredibili avventure, degli innominabili argomenti e delle inenarrabili fatti che leggerete prossimamente:

La Ade e i suoi simpaticissimi vuoti di memoria
Il mio coinquilino, o dell'arte della sparizione
La nostra new entry, la nuora della ade
La nostra loss entry, il Maestro Ghisi
Il metro-tour
La metro e basta
La permanenza dei miei, oltre a quella dell'Ale pianoforte
La capata della mia amica Erasmus, o diario del provetto bobò
Il cartellino giallo del conservatorio
La simpatica avventura burocratica delle miniature
La mia cintura verde a judo
La cortesia ondivaga del bottegaro francese medio, e una rassegna dei simpatici prezzi di Vincennes
Il buà di vansen

Se poi mi viene in mente qualcos'altro non mancherò di farvelo sapere.