venerdì 24 ottobre 2008

vocabolario di francese per turisti ignari

Carissimi,
è con gioia prorompente che vi annuncio la riuscita nel TCF (test de connaissance du français), evento che mi permetterà infine, dopo ore buie e preoccupate, di iscrivermi all'USCEACNSMDP. Il test mi ha regalato un livello C1 -se proprio proprio non è un livello "Racine" o "Mallarmé" è almeno un livello "Apollinaire", successo che non mi rendeva cosi contento da quando ero uscito dall'asilo con "bravissimo +".

Quindi, rinfrancato, mi sto lanciando in ogni sorta di sproloquio linguistico da stamattina (con l'anelato attestato in tasca, cosi appena faccio uno strafalcione e il mio interlocutore mi corregge, io gli sfodero il pezzo di carta, gli tiro un crogno sul muso, e poi glielo faccio ingoiare -la leggera aggressività è non tanto dovuta all'esame ma alla crisi di astinenza che ho da domenica, giorno in cui il mio spacciatore è stato arrestato dopo una retata). Da ultimo ho già contattato gli amici della Pleiade e del Prix Goncourt per ottenere un congruo vitalizio (l'Amplifon sta nicchiando).

Sulla scia del mio incredibile e inatteso e frappante colpaccio, e per ottenere il prezioso denaro di cui sono avido, pontifico una serie di simpatici modi di dire in langue d'oïl, piccolo vocabolario che ci terrà compagnia anche prossimamente.

Evirer: non significa "evirare", come pensavamo tutti, ma "licenziare". Immaginatevi la faccia che ho fatto quando un mio collega di judo mi ha detto "je travaille à la Domopack, dès lors qu'on m'avait evirer à..." e io "noooooo!!!! noooooo!!! mais pourquoi, mais ils sont de cons ou quoi?" e lui che mi guarda con faccia tipo "ma mi prendi per il culo", poi immagina che non ho capito un cazzo e mi fa "bon, en fait ce n'est pas si grave, tu vois"...

Péter le feu: "fare faville", e nulla che c'entri con fagiolate a base di peperoncino...

Il pète plus haut que son cul: invece questa volta è proprio quello... voler stare sopra l'olio, diremmo noi...

C'est chiant!!!: sovente utilizzata, questa espressione che si pronuncia più o meno come "c'est chien!!!" non vuol dire "è cane", ma "che pacco" o "che scazzo". Io continuo a pensare che "cane" significhi "scazzo", tipo, vai a portare fuori lo scazzo, dai da mangiare al pacco, oh il pacco l'ha fatta sul tappeto

Pompe: utilizzatissimo in ambiante sportivo, specie in spogliatoio o in sauna, sorseggiando champagne e mangiando mandragola. No, non vuol dire quello, in effetti significa semplicemente "flessione" -o per i più rigorosi "piegamenti sulle braccia"... Sebbene io non riesca a trattenere una sghignazzata (e dicimocela tutta, una microcontrazione) quando un distinto signore 6° dan di judo mi chiede di fare delle pompes...

Cocorico: oltre a essere una notissima discoteca di Riccione, questo nome designa anche il classico francese cagone che si bulla di quanto siano buoni i loro formaggini e grandi grandi le loro piazzione e palazzoni, e rumorosa rumorosa la musica saturista. Essendo il gallo il simbolo della francia, cocorico riproduce il suono dell'animale, cioè di uno che fa co-co e poi (ri) co...

sabato 18 ottobre 2008

I dieci modi per capire se siete ad un concerto saturista

1. Gli esecutori e il direttore indossano caschetti gialli da cantiere.

2. Gli animali domestici e non nel raggio di 5 kilometri iniziano ad ululare/muggire/frinire/barrire/abbaiare, non necessariamente in quest'ordine.

3. I posti a sedere hanno le cinture di sicurezza. 

4. Il palco sembra, a seconda della sensibilità dello spettatore, il magazzino di una fonderia, un paesaggio post-nucleare, la cameretta di chi scrive.

5. Le stazioni di rilevamento sismiche sono allertate, priorità giallo-rosso.

6. Le maschere, prima dell'inizio di un concerto fanno le dimostrazioni delle misure precauzionali in caso di catastrofe, tipo volo aereo.

7. Un nugolo di avvoltoi volteggia sopra la sala.

8. Dopo l'inizio del concerto le porte vengono chiuse a chiave, a doppia mandata, e con catenacci di acciaio. Ovvero, le porte vengono saldate.

9.  All'entrata ci sono capannelli di assicuratori che si azzuffano per farvi firmare polizze vita.

10. No, il carro armato/il pezzo d'artiglieria/il boeing 747 che vedete a destra della platea non è lì per decorazione.

venerdì 17 ottobre 2008

Capitolo II.2. In cammino verso un vitalizio dell'Amplifon


Carissimi 24 lettori, scusate il silenzio di questa settimana, ma grazie a dio ho iniziato a condurre una vita normale e non ho più tanto tempo da dedicare al blog, mica come voi disadattati e debosciati che state ore davanti al computer a leggere cazzate come quelle che seguono. 
In realtà il grado etilico raggiunto al matrimonio della Signora Lappa e del Signor Vanti, oltre che l'aria tiepida del nostro bel paese hanno lasciato in me indelebili segni, che mi hanno distratto dal mio sacro dovere verso questo diario. Tanto peggio...

Novità della millennio: abbiamo (al plurale, l'amica Clara -sì quella del video- e l'amico Daniele -sì quello della metro di Bergamo e il vs affezionatissimo -
sì quello che scrive) scoperto la nuova tendenza del momento a Parigi, e quindi nel mondo, il trucco che ci permetterà di conquistare fama imperitura, gloria indelebile e un congruo vitalizio dall'Amplifon.
Sto parlando della corrente saturista, fiore all'occhiello del panorama contemporaneo della villa lumiera.
Essa corrente, fondata sembra da un nostro ex compagno di classe, del quale però non sono ancora stato in grado di scoprire il nome -forse perché gelosamente tenuto segreto dagli adepti, tipo scuola pitagorica - essa corrente, dicevo, potrebbe essere definita dal pungente pensiero del Maestro Ghisi: "tamburoni grossi grossi, piattoni grandi grandi".

Quel che segue è non del tutto falso:

In effetti il termine "saturazione" è un sinonimo di "distorsione" -sì, tipo chitarra elettrica, quando ce n'è un po' è piacevole, quando ce n'è troppa è un concerto di un qualsiasi gruppo metal; ma ingiustamente ridurrei a questo la sconcertante novità del saturismo: la geniale idea di questa musica sta, al contrario, nel voler creare un contatto immediato, direi fisico, con il sistema neuro-vegetativo del pubblico, dal momento che l'intensità media percepità in un pezzo saturista si approssima a quello di un jumbo che decolla: quale miglior modo per gridare il nostro disagio nei confronti di una società plutocratica che ci opprime!!! Non sto esagerando: anzi, magari i jumbo potessero decollare dagli auditorii (che finezza di scrittura le due i!) e dalle sale da concerto di tutto
 il mondo, magari dotati all'interno di martelli pneumatici e trebbiatrici, suonati da un gruppo di gamelan!!! -mi fermo qui prima che mi faccia sopraffare dalla sindrome di Stendhal -noto saturista ante-litteram, lui più che altro saturava i marroni di chi lo leggeva.

Tornando a bomba (strumento favorito del saturismo), avrete capito più o meno di cosa si tratta: una musica sempre in 12f (ffffffffffff) con almeno una decina di picchi in 24f (ffffffffffffffffffffffff). Sebbene questo crei qualche problema tecnico (nel saturismo ad esempio non si possono usare battute corte, tipo 2/4 o 3/8,
 perché oltre al fatto di essere brevi, quindi piccole e quindi poco saturiste, non riescono a contenere di fatto tutte le "f" necessarie a definire la giusta dinamica) il saturismo appare come una nuova forma di arte collettiva e rispettosa delle esigenze del pubblico: collettiva perché non si può distinguere un pezzo saturista da un altro pezzo saturista se non dal nome dell'autore e dal titolo (ringraziamo il Ghisi) rispettosa delle esigenze, perché se anche qualcuno in platea sentisse l'esigenza di sgozzare un capretto, le urla agoniche dell'animale non darebbero affatto fastidio all'esecuzione -quante volte vi sarà capitato di arrossire, sotto mille bieche occhiatacce, lanciate da gente perbenista e bigotta, solo perché stavate ammazzando il porco in un palchetto del Filarmonico, magari durante un concerto di Debussy?

Oltretutto, il saturismo è attento alle esigenze di fitness dell'esecutore, troppo spesso condannato a condurre una vita sedentaria: infatti le dinamiche necessarie a questa sconvolgente musica richiedono uno sforzo fisico superiore a quello di un match di boxe di 20 riprese+3 ore di combattimenti di judo+lo scavo del canale di Suez con le sole mani, con un conseguente rassodamento/potenziamento e un incremento della capacità aerobica dello strumentista. 
Superate le quisquilie, affatto borghesi e bieche, di mani che sanguinano e carni lacerate sino all'osso, polmoni che esplodono, grancasse sfasciate, piatti che diventano ancora più convessi e tamtam ancora più concavi, archetti da ricrinare ogni mezz'ora (con conseguente incremento della mattanza di equini, animale d'altronde molto poco saturista), guarnieri del gesù che esplodono in frantumi, leggii che schizzano sul pubblico a velocita MAC3 (di solito nelle note d'esecuzione si raccomanda sempre di fissare i leggii con la saldatrice, ma a volte qualcuno se ne dimentica), capretti che implorano di essere ammazzati prima che il pezzo finisca, il saturismo promuove una crescita culturale e fisica notevole.

Qualora non foste ancora convinti, vi esporrò qui sotto alcune tesi a proposito, tratte dal "manifesto dei saturisti", che Ghisi, la Clara e io stiamo redigendo in estenuanti serate su skype:

Non è difficile saturistizzare un pezzo. E' sufficiente ripetere in loop le seguenti operazioni. 
Compressione con rapporto 1 : 1000 e soglia a -100 dB
Normalizzazione forzata (a +12dB)
Compressione con rapporto 1 : 1000 e soglia a -100 dB
Normalizzazione forzata (a +12dB)

Compressione con rapporto 1 : 1000 e soglia a -100 dB
Normalizzazione forzata (a +12dB)

Compressione con rapporto 1 : 1000 e soglia a -100 dB
Normalizzazione forzata (a +12dB)


L'esagerata mediocrità del superfluamente saturato, la saturata esagerazione dell'orizzontalità spettrale, scacciano la nostra necessità nell'oblio della nostra contingenza [per piacere qualcuno mi spieghi questa]

La nostra orizzontalità posturale non implica una visione superficiale della realtà fattiva, ma una riduzione degli strati verticali a immanenza e sussitenza forzata (saturata) o meglio, a una coesistenza forzosa di nunc ed hic diacronici in una realtà sincronica che li trascende [anche questa non è male] 

Nulla distingue un pezzo saturista da un altro, se non il titolo e/o eventualmente il nome dell'autore

Nulla distingue l'autore di un pezzo saturista dall'autrice di altro pezzo saturista qualora essi siano sincronicamente in posizione orizzontale

UNIONE; SINCRONICITA'; ORIZZONTALITA; SUSSISTENZA saranno le nostre parole d'ordine

a cui associeremo volentieri NORMALIZZAZIONE, COMPRESSIONE, BOMBFACTORI, FFFFFFFFFFFFFF, TAMBURONI GROSSI GROSSI, PIATTI FORTI FORTI

e a cui aggiungeremo inoltre CAPRETTO IMPLORANTE DI MORIRE, MANI INSANGUINATE, DISTRUZIONE DI PREZIOSI ARTEFATTI DI LIUTERIA, MARTELLIAMO COME NEANCHE ODINO CAZZO.

bene, avrei finito, per il momento. Naturalmente, qualora qualcuno di voi volesse aiutarci nel duro compito di redigere il manifesto della poetica saturista, sarà il benvenuto (specie il Carletto, che mi sembra un potenziale saturista perfetto, fa anche rima)
Che la normalizzazione sia con voi e amplificate a palla!

nella foto: in alto a sx immagine spettrale di un pezzo saturista il capriolo sventrato di Jacques Bondage (dal momento che le frequenze sui 15.000 hz erano pompate a 140 db, come si vede dalla foto, non c'è stato nessun sopravvissuto alla prima esecuzione), a dx la poltiglia grigia è in realtà una foto del percussionista di un altro pezzo saturista alla fine del concerto. In basso a sx l'esplosione di un auditorium a Aix-en-Provence (una fabbrica di fuochi d'artificio era adiacente alla sala) durante il climax di Adagio non troppo e con molta espressione di Luc Dineuviaem, a sx l'installazione "satur(n)isme" per grancasse, lastre del tuono, dinamite, cannoni e pallettoni piombo del XVIII secolo di Daniele Ghisi e Clara Iannotta. Nella foto in alto la prima esecuzione della mia Fantasia, per quartetto d'archi, calcinculo e nitroglicerina

martedì 14 ottobre 2008

l'angolo del volo di andata

Diario del diciannovesimo Vi offre un'ennesima storia di umanità calpestata, questa volta senza redenzione.

Tornando da Parigi -ebbene sì, per tre giorni ho calpestato l'italico suolo, ho fatto la conoscenza di Cristophe, stuart un po' gaio dell'Easyjet, di cui vado a raccontarvi la triste storia. Ero in effetti indeciso fra questa e quella di quell'altro stuart che aveva la camicina a maniche corte arancione, tipo “er bibbitaro” mentre tutti gli altri avevano un sontuoso abito con tanto di camicia in taffetà, ma poi ho focalizzato bene e un particolare sfuggitomi mi ha data la risposta che cercavo, il tipo era negro. Ma bando alle ciancie, passiamo subito alla storia dello stuart allegro:

Cristophe, probabilmente ultimo arrivato dell'equipaggio di bordo, viene trattato più o meno come un bambino di 5 anni dai suoi colleghi, in presenza di tutti i passeggeri che, salendo, vedono il poverino ricevere ordini perentori, seguiti da sbuffi-risatine-occhiate roteanti. Cristophe, che si intuisce di carattere remissivo, non dice una parola e fa tutto quello che gli si chiede, supino (no, dai, non l'ho cercata), disponibile (nemmeno questa) e servizievole (un po' questa sì).
Niente, arriva il fatidico momento del balletto -io non ho mai capito, davvero, perché così belle coreografie non hanno mai un sottofondo musicale adatto, sempre quella specie di rap in un inglese del cazzo, incomprensibile e neanche tanto ritmato; comunque, il balletto inizia e il Cris è in piedi a 2 centimetri da me, danza con passione e con foga, sebbene la sua sincronizzazione non sia proprio impeccabile (io gli avrei dato un 7.25 di artistico e un 6.50 di tecnico, non di più), tanto che più e più volte si gira verso i suoi colleghi, in cerca di conforto.
Finché non srotola la giacchetta di emergenza (srotolamento carpiato, difficoltà 0.75) con un gesto arrogante e... 
volano una quarantina di cucchiaini da caffé, sui piedi della tipa che mi sta a fianco dall'altra parte del corridoio, i colleghi del Cris trattengono a stento le risa, io addirittura smetto di respirare e chiudo gli occhi per non sbottare, ma non prima di aver visto il povero stuart diventare paonazzo, rimpicciolirsi, ma proprio tanto e quindi raccogliere i cucchiaini con la delusione e lo scoramento di una piccola fiammiferaia stuprata dal soldatino di piombo. 
Mentre i suoi colleghi si esibiscono nel noto e volgare gesto che consiste nel portare le braccia tese dall'altezza spalle al basso ventre più e più volte. 
Poi si è alzato un signore con un turbante, ha crivellato di colpi il povero Cris, gli altri stuart hanno sganasciato è poi non mi ricordo più molto bene.

giovedì 9 ottobre 2008

L'angolo dello sborone punito II

Dunque, scuserete il silenzio di questi giorni, lo so, non potete stare senza le righe che seguono, lo so, sì, ma purtroppo qui vogliono che io ogni tanto scriva musica, lo so, è incomprensibile, non so come facciano ad accampare certe pretese, questi bastardi, ma comunque ecco, ho 
trovato due minuti per raccontarvi degli ultimi giorni:

Alla fine, piove sul bagnato - è il caso di dirlo, il premio di Boston è andato a una/o ragazza/o belga, del quale sarò costretto a rapire la famiglia per riparare all'onta subita... A Boston non capiscono niente, evidentemente


Ieri siamo a cena di classe da un vietnamita, (nella foto, da cui ti porterò, o mio lettore, quando verrai a trovarmi, perché costa 8,50 euro menu compresa la birra), bellissimo, tutti a sganasciare e a mangiare involti
ni di verdure dalla nemmeno troppo lontana forma fallica (dimensione equina) quand'ecco che entra una giovane orientale, senza dir niente ci si mette davanti, guardando la vetrina che da sulla strada, così, come se fossimo invisibili, e si accarezza i capelli, poi cambia tavolo e fa lo stesso, poi va in bagno, ci sta mezz'ora, esce, chiede ai gestori -un po' esaurita, ma ho qualcosa nei capelli? noi sbottiamo a ridere, uno per poco non si strangola, i padroni contegnosi rispondono di no, la tipa se ne va, i padroni ci spiegano che è una pazza, ma dai, ma sì? finiamo la serata divelti.



Il mio coloc - d'ora in poi chiamato Il Vale - ormai si è abituato a me, tanto che ha iniziato a fregarmi il nescafé (con cui mi preparo il caffelatte), birre, form
aggio, pane e altre leccornie. Io mi vendico con altri scherzetti sottili, tipo lasciare una molfetta morta in bagno, o non fare pupù per 5 giorni, così poi la faccio bella grossa e non tiro l'acqua e me ne scappo via (scherzo [forse]), comunque, la convivenza va benone, tanto che sono tornato l'altro giorno a casa e me lo sono trovato in mutande ad accogliermi, sì, mutande, maglietta e maglioncino, che mi parlava come se niente fosse, e io dietro, guardandolo fisso negli occhi come se niente fosse, non ridere non ridere, pensavo, poi si è seduto, a mezzo busto faceva un altro effetto, io me ne vado accampando scuse poco plausibili. Al ritorno indossava misteriosamente gli abituali pantaloni. Peccato.

Domani (venerdì 10) torno a casa, se volete ci vediamo alla Paulaner dopo cena (dove un litro di birra costa come una media qui, cazzo).

La crisi finanziaria non ha investito la mensa, che continua a cucinare ratti di chiavica tale e quale a prima.

Mi piacerebbe ora parlare della vasta umanità che fa jogging sul canale a qualsiasi ora del giorno e della notte, ma purtroppo non ho più tempo.
Fra l'altro come ulteriore vendetta, ho fregato appena adesso un po' di sgnappa al Vale che è uscito - in realtà la sgnappa è un whiskey di bassa lega, tenuto perlopiù nel freezer... lui ne beve veramente quantità industriali... probabilmente anche la vietnamita dai capelli pieni di qualcosa (qui di fianco, nella foto, la sorella rumena della vietnamita sponsorizza una marca francese di sgnappa la "passerinà" -non fatevi ingannare dalla scritta "produzione grappa" in rumeno significa "valentino beve")

Comunque, dicevamo.
sì, dai ci vediamo domani a Verona, se la sgnappa del Vale mi lascerà sopravvivere a questa notte...
 

domenica 5 ottobre 2008

L'angolo dello sborone punito

Il buon Sebastiano, da profeta provetto, mi aveva preannunciato che "sì, valà, le steso la note bianca a Villafranca o a Parigi, diaolo boia, tiratela de manco". In effetti aveva ragione, anzi di più: la notte bianca a Villafranca sarà stata probabilmente meglio della sua corrispettiva parigina...

Il tema della serata erano le stazioni: i maggiori luoghi di scambio, dalla gare du nord a quella dell'est, da montparnasse a lyon e bercy (unica eccezione saint germain du prés, boh) accoglievano installazioni e costituivano il centro di irradiazione degli altri eventi. Il piatto forte sembrava essere quello di Ryoji Ikeda a Montparnasse, ovvero l'installazione "spectra": fasci di luce che creavano un'altra grattacielo a fianco della torre.
 Benissimo; andiamo
 fino al loco -dall'altra parte di Parigi, una marea di gente in metro e fuori dalla metro (bene, la cosa si fa interessante), facciamo la nostra mezzoretta di coda per vedere da vicino il prodigio luminoso e sonoro - c'erano anche dei suoni che giravano 
in mezzo - bellissimo, giochiamo come tutti con le luci, ce ne andiamo, bello, dove? ma vicino c'è san germano dei prati, ma sì andiamo lì.
A mezza voce un amico osa dire, sì bello eh, ma alla fine sono un po' di luci con i suonini, noi lo guardiamo sconvolti, non capisci un cazzo ecc. ecc.

Il tragitto fino alla chiesa mette dei dubbi a tutti: negozi. Chiusi. Bar. Non tutti aperti. Gente. Normale... boh, ci diciamo, magari in centrissimo sarà diverso...
Arrivati a san germano, un milione di persone ci fa desistere dal concerto di Patti Smith... vabbé peccato.
Proseguiamo e giungiamo nei pressi della zecca, dove ci sono cupi suoni che provengono dai piani superiori, dalle finestre luci multicolori illuminano dall'interno la facciata barocca, dando l'impressione di un motel a ore dei tempi di Cervantes. Entriamo, corticella, dei fattoni che ballano sulla pseudo musica tekno (scritta così fa più giovane) che gira appalla. Bello, ce ne andiamo. Uscendo, poco più avanti ci sono luci colorate proiettate su un altro palazzo.
La situazione di disagio cresce.
Decidiamo per una birra: ci infiliamo più o meno nel primo locale, chiediamo i listini, la media costa 8 (otto) euro.
Scappiamo a gambe levate.
Proseguiamo per l'isola della città, ci dividiamo da quelli che abitano nella banlieu, e proseguiamo diretti alla gare de l'est dove si attendeva un altro evento. Arriviamo, sulla facciata della stazione vengono proiettate le foto delle vacanze dell'artista. Bello. Una ragazza ci regala una spilla della stazione, commossi partiamo. Poco più avanti, un altro palazzo è illuminato da luci blu-verdi, con musichina annessa.
Intorno tutti fumano tubi (come al solito, in più avremo incrociato un 5-6 tipi che ci hanno chiesto/offerto cartine/fumo/maria), e bevono intrugli fai da te (come al solito: pratica che anch'io adottavo in finlandia per risparmiare - e proteggermi dal gelo).

Torniamo a casa stanchi ma felici, consci di aver vissuto una serata memorabile.

venerdì 3 ottobre 2008

l'angolo nel quale non vi si vuole far rosicare

No, no, non voglio far rosicare nessuno, ma domani sera ci sarà la notte bianca qui nella villa lumiera -che difficilmente va a dormire, ma stavolta sta proprio in piedi per tutta la notte...
E per non alimentare facili invidie non vi do nemmeno il link qui di sotto

giovedì 2 ottobre 2008

Capitolo II. 1. Punizioni divine & altre angherie

Nuovo mese nuovo capitolo, nel ridente diciannovesimo.
E come in tutti i nuovi capitoli, iniziamo con una simpatica frase fatta:
ad esempio

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
 

In effetti non è vero, i coperchi ci sono quasi sempre, ma per il momento una fortunata serie di casi ha reso possibile credere a questo noto proverbio.
Dunque, torniamo alla precedente avventura delle crepes, dov'ero tornato solo soletto, immaginate, piangendo, bagnato fradicio in una notte buia e tempestosa, mentre agli altri cattivoni colava nutella sul collo, sulle mani, in un orgasmo da crepe mai visto.
Benissimo, non è andata proprio così: l'altro giorno becco al bar del conservatorio i crepettari con la faccia mogia, come va, bene, come va, ma non sai cosa ci è successo, incredibile, hai fatto bene ad andare via prima.
Io li guardo con una faccia piuttosto stupita che si trasformerà da un "ma mi prendi per il culo" ad un "ma nel culo mettici la tua crepe!!!".
Infatti il loro ritorno a casa si era svolto così: prendono 'sto taxi, che non accende il tassametro - in Francia, sia detto, se non lo accendono, la scritta di fuori non si illumina e il taxi è considerato tipo "fuori servizio"; il tassista, che chiaramente conosce la squilibrata affitta-castelli, tira dritto ad ogni rosso, guida come un pazzo, tanto sono le 4 di notte, arriva finalmente alla circonvallazione. A minuti dal conservatorio, ormai vicinissimo, una volante lo ferma. 
Nessuno ha le cinture, gli chiedono perché non ha acceso il tassametro con 4 persone a bordo, lui farfuglia scuse senza senso, alché gli amici gendarmi portano tutti in questura, dove interrogano separatamente i tipi. Nel frattempo, il tassinaro chiede ad uno dei nostri amici di parargli un po' il culo, tipo "ma sì, ci conosciamo da una vita", cosa che lui non fa, con conseguenti rimorsi e manie di persecuzione. Fatto sta che i bastardelli sono tornati alle 6,30 di mattina, con la pula che li ha schedati per precauzione. Certo, per una crepe ne valeva la pena!

Passiamo ora al resoconto delle cazzate della settimana:

Ieri ho passato 3 ore con dei miei amichetti (Clara, romana e Juan, limano) in sala registrazione, appunto per registrare suoni bellissimi, tipo rantoli di scrofe e scurregge di caimano, dal momento che qui amiamo molto i suoni "concreti" (in sostanza nulla che abbia dei parziali equidistanti, o financo dei parziali). Infine ci siamo decisi per la registrazione di una bottiglia di plastica da 50cl di acqua Vitel.
ecco gli interessanti documenti:



Poi noi abbiamo finalmente trovato i settaggi giusti mentre Juan, il nostro amichetto dal Perù, si è preso bene, talmente tanto bene che è diventato un virtuoso della "Bottiglia di acqua Vitel da 50 cl" e non voleva più finire.... noi, stregati, parliamo di bidé e di panda.



Ieri sono andato pure ad un concerto della stagione IRCAM (praticamente il più prestigioso centro di ricerche informatico-musicali al mondo) al Pompidou. Figata, direte voi.
Sì.
C'era un pezzo sul sessantotto che si chiamava "68", un pezzo bello di Aperghis, e 46 minuti di nastro magnetico (nessuno sul palco, coperto da una quarantina di diffusori vari, non esagero). Passato il primo minuto dell'ultimo, magnifico pezzo, il fiore della rappresentanza compositiva italiana si esibiva in:
Pennica (io)
Consumazione baguette contrabbandata (il mio vicino)
Dita nel naso e scurregge romorose (tutti, qui è considerato un segno di stima)
Battutacce sul compositore (tutti, io solo quando mi svegliava qualche suono particolarmente fastidioso. In effetti il venerando signore somigliava a babbo natale).

La situazione cibo della mensa si sta facendo preoccupante: se non mangi abbastanza in fretta quello che hai nel piatto, quello che hai nel piatto mangia te!

Oggi vado a prendermi un medicamento alla farmacia, la tintura di arnica (trad. franc. Teinture d'arnica). Giro 3 farmacie, esso medicamento è raro, finché non ne trovo uno che ha il prezioso bene. Stupidamente chiedo alla farmacista, che per convenzione d'ora in avanti chiameremo La Puttana, il rapporto fra arnica e alcool, con la frase "quel est-ce le rapport entre alcool et arnica?". Si scatena l'inferno. La Puttana farfuglia "uuuuuh quelle est votre langue d'origine" e io "oui oui quel est-ce le rapport entre alcool et arnica" la Puttana non comprende pas di tutto, chiama le colleghe, inizio a ripetere la mia stupidissima domanda in inglese, ma nessuno capisce un cazzo, finché non chiamano il guardiano che è stato un anno in Italia, ma non capisce una sega neanche lui (tanto parlo in inglese o francese), nessuno ascolta la mia cazzo di domanda del cazzo, a me stanno girando i coglioni finché non dico "OOOOOKKKKK. Arnica! Combien? Alcool! Combien?" facendo gesti appositi.
Quindi fanno aaaaaaaahhhhh e La Puttana finalmente dice "ma è sull'etichetta, alcool al 45%". Cazzo!!! Ci ho messo 5 minuti a farmelo dire!!! E tanto più che la domanda iniziale, ho controllato sul vocabolario, è corretta, e suona esattamente "qual è il rapporto fra arnica e alcool, La Puttana?"

Prelato veronese, che per convenzione chiameremo Don Rino Breoni, abate di San Zeno Maggiore, pensa che sia sconveniente usare dei cantanti per accompagnare le messe nuziali. Difficile non rimanere sconcercati dalla temerarietà di questi compositori contemporanei!!! Cazzo!!! Cantanti in chiesa??? Ma dove andremo a finire!!! Inaudito!!! Gente che canta in chiesta??? Mai sentito!!!
Peccato. Fossimo stati in america, si poteva sempre girare sul coro di voci bianche.

Ringrazio di cuore i milioni di persone che hanno votato per l'emozionante sondaggio "COME RISOLVERE IL FASTIDIOSO PROBLEMA DELLA DOPPIA STAZIONE CENTRALE NELLA METRO BERGAMASCA", che ha visto la schiacciante vittoria dell'opzione "immettendo nel condotto di aerazione della metro del cibo libanese polverizzato" per 4 voti contro 1. Pure il maestro Ghisi, festoso, mangiando un panino, ringrazia