venerdì 17 ottobre 2008

Capitolo II.2. In cammino verso un vitalizio dell'Amplifon


Carissimi 24 lettori, scusate il silenzio di questa settimana, ma grazie a dio ho iniziato a condurre una vita normale e non ho più tanto tempo da dedicare al blog, mica come voi disadattati e debosciati che state ore davanti al computer a leggere cazzate come quelle che seguono. 
In realtà il grado etilico raggiunto al matrimonio della Signora Lappa e del Signor Vanti, oltre che l'aria tiepida del nostro bel paese hanno lasciato in me indelebili segni, che mi hanno distratto dal mio sacro dovere verso questo diario. Tanto peggio...

Novità della millennio: abbiamo (al plurale, l'amica Clara -sì quella del video- e l'amico Daniele -sì quello della metro di Bergamo e il vs affezionatissimo -
sì quello che scrive) scoperto la nuova tendenza del momento a Parigi, e quindi nel mondo, il trucco che ci permetterà di conquistare fama imperitura, gloria indelebile e un congruo vitalizio dall'Amplifon.
Sto parlando della corrente saturista, fiore all'occhiello del panorama contemporaneo della villa lumiera.
Essa corrente, fondata sembra da un nostro ex compagno di classe, del quale però non sono ancora stato in grado di scoprire il nome -forse perché gelosamente tenuto segreto dagli adepti, tipo scuola pitagorica - essa corrente, dicevo, potrebbe essere definita dal pungente pensiero del Maestro Ghisi: "tamburoni grossi grossi, piattoni grandi grandi".

Quel che segue è non del tutto falso:

In effetti il termine "saturazione" è un sinonimo di "distorsione" -sì, tipo chitarra elettrica, quando ce n'è un po' è piacevole, quando ce n'è troppa è un concerto di un qualsiasi gruppo metal; ma ingiustamente ridurrei a questo la sconcertante novità del saturismo: la geniale idea di questa musica sta, al contrario, nel voler creare un contatto immediato, direi fisico, con il sistema neuro-vegetativo del pubblico, dal momento che l'intensità media percepità in un pezzo saturista si approssima a quello di un jumbo che decolla: quale miglior modo per gridare il nostro disagio nei confronti di una società plutocratica che ci opprime!!! Non sto esagerando: anzi, magari i jumbo potessero decollare dagli auditorii (che finezza di scrittura le due i!) e dalle sale da concerto di tutto
 il mondo, magari dotati all'interno di martelli pneumatici e trebbiatrici, suonati da un gruppo di gamelan!!! -mi fermo qui prima che mi faccia sopraffare dalla sindrome di Stendhal -noto saturista ante-litteram, lui più che altro saturava i marroni di chi lo leggeva.

Tornando a bomba (strumento favorito del saturismo), avrete capito più o meno di cosa si tratta: una musica sempre in 12f (ffffffffffff) con almeno una decina di picchi in 24f (ffffffffffffffffffffffff). Sebbene questo crei qualche problema tecnico (nel saturismo ad esempio non si possono usare battute corte, tipo 2/4 o 3/8,
 perché oltre al fatto di essere brevi, quindi piccole e quindi poco saturiste, non riescono a contenere di fatto tutte le "f" necessarie a definire la giusta dinamica) il saturismo appare come una nuova forma di arte collettiva e rispettosa delle esigenze del pubblico: collettiva perché non si può distinguere un pezzo saturista da un altro pezzo saturista se non dal nome dell'autore e dal titolo (ringraziamo il Ghisi) rispettosa delle esigenze, perché se anche qualcuno in platea sentisse l'esigenza di sgozzare un capretto, le urla agoniche dell'animale non darebbero affatto fastidio all'esecuzione -quante volte vi sarà capitato di arrossire, sotto mille bieche occhiatacce, lanciate da gente perbenista e bigotta, solo perché stavate ammazzando il porco in un palchetto del Filarmonico, magari durante un concerto di Debussy?

Oltretutto, il saturismo è attento alle esigenze di fitness dell'esecutore, troppo spesso condannato a condurre una vita sedentaria: infatti le dinamiche necessarie a questa sconvolgente musica richiedono uno sforzo fisico superiore a quello di un match di boxe di 20 riprese+3 ore di combattimenti di judo+lo scavo del canale di Suez con le sole mani, con un conseguente rassodamento/potenziamento e un incremento della capacità aerobica dello strumentista. 
Superate le quisquilie, affatto borghesi e bieche, di mani che sanguinano e carni lacerate sino all'osso, polmoni che esplodono, grancasse sfasciate, piatti che diventano ancora più convessi e tamtam ancora più concavi, archetti da ricrinare ogni mezz'ora (con conseguente incremento della mattanza di equini, animale d'altronde molto poco saturista), guarnieri del gesù che esplodono in frantumi, leggii che schizzano sul pubblico a velocita MAC3 (di solito nelle note d'esecuzione si raccomanda sempre di fissare i leggii con la saldatrice, ma a volte qualcuno se ne dimentica), capretti che implorano di essere ammazzati prima che il pezzo finisca, il saturismo promuove una crescita culturale e fisica notevole.

Qualora non foste ancora convinti, vi esporrò qui sotto alcune tesi a proposito, tratte dal "manifesto dei saturisti", che Ghisi, la Clara e io stiamo redigendo in estenuanti serate su skype:

Non è difficile saturistizzare un pezzo. E' sufficiente ripetere in loop le seguenti operazioni. 
Compressione con rapporto 1 : 1000 e soglia a -100 dB
Normalizzazione forzata (a +12dB)
Compressione con rapporto 1 : 1000 e soglia a -100 dB
Normalizzazione forzata (a +12dB)

Compressione con rapporto 1 : 1000 e soglia a -100 dB
Normalizzazione forzata (a +12dB)

Compressione con rapporto 1 : 1000 e soglia a -100 dB
Normalizzazione forzata (a +12dB)


L'esagerata mediocrità del superfluamente saturato, la saturata esagerazione dell'orizzontalità spettrale, scacciano la nostra necessità nell'oblio della nostra contingenza [per piacere qualcuno mi spieghi questa]

La nostra orizzontalità posturale non implica una visione superficiale della realtà fattiva, ma una riduzione degli strati verticali a immanenza e sussitenza forzata (saturata) o meglio, a una coesistenza forzosa di nunc ed hic diacronici in una realtà sincronica che li trascende [anche questa non è male] 

Nulla distingue un pezzo saturista da un altro, se non il titolo e/o eventualmente il nome dell'autore

Nulla distingue l'autore di un pezzo saturista dall'autrice di altro pezzo saturista qualora essi siano sincronicamente in posizione orizzontale

UNIONE; SINCRONICITA'; ORIZZONTALITA; SUSSISTENZA saranno le nostre parole d'ordine

a cui associeremo volentieri NORMALIZZAZIONE, COMPRESSIONE, BOMBFACTORI, FFFFFFFFFFFFFF, TAMBURONI GROSSI GROSSI, PIATTI FORTI FORTI

e a cui aggiungeremo inoltre CAPRETTO IMPLORANTE DI MORIRE, MANI INSANGUINATE, DISTRUZIONE DI PREZIOSI ARTEFATTI DI LIUTERIA, MARTELLIAMO COME NEANCHE ODINO CAZZO.

bene, avrei finito, per il momento. Naturalmente, qualora qualcuno di voi volesse aiutarci nel duro compito di redigere il manifesto della poetica saturista, sarà il benvenuto (specie il Carletto, che mi sembra un potenziale saturista perfetto, fa anche rima)
Che la normalizzazione sia con voi e amplificate a palla!

nella foto: in alto a sx immagine spettrale di un pezzo saturista il capriolo sventrato di Jacques Bondage (dal momento che le frequenze sui 15.000 hz erano pompate a 140 db, come si vede dalla foto, non c'è stato nessun sopravvissuto alla prima esecuzione), a dx la poltiglia grigia è in realtà una foto del percussionista di un altro pezzo saturista alla fine del concerto. In basso a sx l'esplosione di un auditorium a Aix-en-Provence (una fabbrica di fuochi d'artificio era adiacente alla sala) durante il climax di Adagio non troppo e con molta espressione di Luc Dineuviaem, a sx l'installazione "satur(n)isme" per grancasse, lastre del tuono, dinamite, cannoni e pallettoni piombo del XVIII secolo di Daniele Ghisi e Clara Iannotta. Nella foto in alto la prima esecuzione della mia Fantasia, per quartetto d'archi, calcinculo e nitroglicerina

2 commenti:

Unknown ha detto...

avrei voluto rubricare la tua dissertazione saturista, che cioè "é sul" ed "è scritta da", ovvero propone contenuti in una forma dagli stessi argomenti del contenuto, ed in questo è perfetta, costruita con la solita tua caratteristica pressione verso lo scorrere in basso, portata tesa al punto finale, così pero' personale da non essere saturista, se manteniamo per vero che l'anonimato, più o meno cercato/capitato e dunque relativo è cifra caratteristica del movimento(in questa vedo una leggero errore di categorie), dicevo, avrei voluto dire la mia, me pensante da tempo a problematiche forse irrisolvibili come "come evitare il rumore della caramella della vecchia, il vagito di un bimbo intollerante nei confronti persino del bonario Bach dei minuetti, il clacson in strada, gli sputacchi del corno che toglie l'acqua e via di seguito tutti quei piccoli dettagli che distolgono da un ascolto preciso di forme complesse e passaggi armonici incifrabili.
l'argomento è serio. Avrei voluto autonomamente contribuire, quand'ecco che un nome invitato, forse omonimo, è richiesto dal compilatore del blog; io ho pensato senza dubbio ad un amico più dentro le questioni di cui si parla; cionondimeno mi sono sentito, come dire, un poco partecipe alla discussione, quantomeno per fatale coincidenza.
Tento dunque, non so se voluto o meno, di contribuire al dibattito. Premetto che sono di parte. Ovvero non tollero i volumi bassi. Chi fra noi non ha mai provato il brivido di andare in motorino di note a fari spenti ascoltando il finale della II di Mahler a tutto volume nelle cuffiette comprate il pomeriggio stesso e buttate la mattina seguente? Chi non è mai andato a scuola con il mangiascassette (qui subentra una deviazione generazionale; per i più giovani leggi: lettore cd o, per i posteri, lettore mp3) sparato nelle orecchie alle 7,30 con musica di vario genere, e tentato di conservarlo tale fino all'uscita, in barba alle interrogazioni. Chi, infine, ha mai ascoltato la IX di Beethoven a volume irrisorio e senza cantarci sopra tutte le parti compresa quella carica di futuro del controfagotto? Ecco che la corpocentricità è parte di noi. Potrei anche azzardare esperienza di stati di coscienza alterata, vuoi per stupefacenze o per scariche ormonali più o meno indotte, ma qui le strade si dividono. Il corpo dunque reagisce a stimoli. Uno di questi è: al terzo pezzo molto "voluminoso" e pretenzioso in cui io avverto una presenza indiscreta di rumore bianco, mi girano le palle. Ovvero, sostituiamo il rumore bianco (questa è in definitiva la saturazione, vuoi solo per i poveri frizzii (faccio proprio il vezzo delle due ii ) degli altoparlanti (lo dice il nome) auto urlanti (licenza poetica)) ad accordi do maggiore e ci accorgeremo, con le dovute traslazioni concettuali, che oggi vi sono tanti piccoli Telemann. Poichè tante seghe mentali sono state fatte lì come sul do maggiore - come la musicologia tedesca insegna. Vi sono precedenti, però. Mi riferisco alla scuola rumorista nippo-tedesca che dagli anni '80 ha portato un cambiamento decisivo nella storia della musica. Lascio a voi fare i dovuti, e non difficili, paralleli con l'estetica body-artica dell'"informe" così come postulata da Krauss e Bois e rivista dal nostro Recalcati, punto imprescindibile per chi voglia approfondire questi aspetti. Abbiamo tutti nelle orecchie dagli Einstuzende Neubauten all'immenso Merzbow del quale consiglio l'immortale Venereology. Spenderei volentieri due parole su di lui e sui suoi esordi (per lanciare la sua musica la abbinava in forma di cassettina a riviste porno giapponesi - non a caso è anche, a tempo perso, il più grande esperto giapponese di bondage...), ma sono informazioni che si trovano facilemente. Rimane la domanda: la saturazione analogica e quella digitale. Chi è meglio? certo la seconda è più parametrizzabile e programmabile, la prima è più legata alla performance. Ma, è richiesta discrezione e finezza...? la forma giustifica un ascolto solo percettivo o anche cognitivo...? Allora la saturazione può riguardare altro, più fertile; la forma, le tensioni, l'attività (strumentale e non) e l'organizzazione di tutte queste, cioè, sì ancora una volta, il tempo. Chiudo informandovi che per la prima volta in vita mia, e proprio durante la scrittura di questa, temo di aver contratto la dislessia; alchè proporrei di comune accordo di chiedere alla compagnia assicurativa una estensione amplifon-digitatore vocale...

giobi ha detto...

Ciao Carletto -sì il misterioso vezzeggiativo, in effetti molto poco saturista si riferiva alla tua persona, porta pazienza, chiamo tutti i Carlo "Carletto" da quando ho conosciuto il mio cugino Carlo all'età di 4 anni, e poi mi sono lasciato andare fino ad oggi. In effetti chiamo Carletto anche un mio amico rugbista di un quintale, sai, l'abitudine...
Comunque, la tua reazione è andata oltre le mie più rosee e saturate aspettative! Finito di scrivere queste righe mi fionderò a cercare pezzi di scuola nippo-tedesca, specie lo "Einstuzende Neubauten dell'immenso Merzbow del quale consiglio l'immortale Venereology.".
Invece, ti sei dimenticato di contestualizzare bene "il terzo pezzo" nel quale avverti l'invasione del do maggiore: a cosa/chi ti riferisci? Fammi sapere che sono oltremodo curioso, e inotre questo mi permetterebbe, forse, in una società utopica, di dare il colpo di grazia all'arroganza del basso volume. Che la risoluzione in ampiezza sia sempre con te, e che lo spettro possa diventare finalmente una tabula rasa -così è tutto bianco e ad alta energia!